Rolando Gandolfi
… la realtà viene filtrata dalla spontanea sensibilità dell'artista che preferisce voltarsi indietro per scorgere l'ombra rassicurante degli impressionisti piuttosto che gettarsi nella mischia dell'arte contemporanea riuscendo così a tradurre i sentimenti e le impressioni che vive quotidianamente in acronici mondi di idee di cui trasferisce solo i tratti che sente come più significativi, immortalando i magici istanti di rivelazione in vibrazioni, trasmesse dai toni iridiscenti e onirici con cui esprime le stagioni ....

...l'ultimo approdo della pittura di Rolando Gandolfi potrebbe definirsi l'iperrealismo poetico. Abbandonati i colori tenui ed i toni sfumati, Gandolfi ha diretto la sua scelta verso forme sempre più delineate e un cromatismo sempre più acceso, caratterizzato da colori spesso puri che tessono un impasto pieno di suggestioni tattili a rendere la fisicità delle cose e dei paesaggi, rendendo le immagini con un'evidenza ed un'immedesimazione che travalicano la loro descrizione materiale per determinare un'essenza ideale ....
Paolo Dal Monte

Rolando Gandolfi è uno di quei pittori compositi, o se vogliamo eterocliti, che hanno sempre cercato loro stessi, e una loro identità progettuale, senza mai trovarsi in modo definitivo, lasciando però, ad ogni tappa del loro percorso, un qualche chiaro segno di un’innegabile bravura. Pittore realista, che cerca di esprimere le emozioni attraverso la descrizione della vita, e che intende rappresentarla nei suoi aspetti più vari, ritratti, fiori, boschi e paesaggi, Gandolfi sembra avere attraversato le avanguardie del Novecento con molta nonchalance, per approdare ad una dimensione che potremmo definire ispirata al postmoderno, con un figurativo che, per lui, non è un ritorno all’ordine,ma una condizione estetica che vorrei poter definire naturale. Tuttavia, se si prendono in considerazione le sue opere, perlomeno le più felici, quei suoi boschi dipinti in tutte le loro stagioni, con quei colori subacquei, quelle sfumature da sortilegio percettivo, quei suoi alberi che ora si stagliano sull’insieme e ora ne vengono riassorbiti in una grande macchia cromatica, risulta evidente come il fantasma della pittura informale, che è stata forse la più pregnante del secolo appena passato, faccia non solo capolino, ma si presenti con tutta la sua inquietudine estetica.

Questi paesaggi silvestri ubbidiscono ad una loro singolarissima alchimia, di chi immergendosi nella natura, ritrovi una forte componente onirica, o perlomeno una condizione di stupefazione ipnotica di fronte a un paesaggio le cui forme naufragano continuamente nel colore. L’allusione all’antica sacralità dei boschi, rivissuta con spirito laico e con disincanto pittorico, è una delle componenti nascoste, e forse per questo più suggestive, di questo viaggio attraverso l’universo vegetale. Si potrebbe dire che l’ipotesi di Nieztche, che il mondo sia giustificabile solo come fenomeno estetico, guidi la mano del pittore. Le opere di Rolando Gandolfi, per lo meno i suoi paesaggi, ripropongono, dopo un lungo esilio, un nuovo avatar delle pittura con la Natura.
Giorgio Celli